Giovedì 24 e venerdì 25 giugno alle 21.50 va in onda su History (canale visibile su Sky e Now) il documentario La banda dell’Uno bianca diretto da Claudio Pisano e prodotto da Simona Ercolani per Stand By Me.
Il nome di questa organizzazione criminale deriva dal modello di automobile, la Fiat Uno, utilizzato in alcuni dei loro reati, poiché risultava facile da rubare, ma difficile da identificare, data la vastissima diffusione di questa tipologia di vettura in quegli anni.
L’escalation della banda, formata dai 3 fratelli Roberto, Fabio e Alberto Savi, ai quali si aggiunsero in seguito Pietro Gugliotta, Marino Occhipinti e Luca Vallicelli, inizia nel giugno del 1987 realizzando una fulminea serie di rapine presso i caselli autostradali della A14.
Nel mese di ottobre di quello stesso anno intentarono un’estorsione nei confronti di un rivenditore di auto. Quest’ultimo allertò le forze dell’ordine e ne scaturì un conflitto a fuoco che portò al ferimento e alla successiva morte del sovrintendente di polizia Antonio Mosca.
Da quel momento l’ispettore Luciano Baglioni e il sovrintendente Pietro Costanza iniziarono le lunghe indagini che li avrebbero poi condotti a catturare i colpevoli di quell’omicidio e di quelli che, purtroppo, avvennero negli anni successivi.
Il 3 novembre 1994, dopo 7 anni dall’inizio dell’attività malavitosa della banda, nel corso di un appostamento davanti al Credito Romagnolo di Santa Giustina (RN), Baglioni e Costanza riuscirono finalmente a inchiodare un sospettato, ovvero Fabio Savi, il cui volto era stato acquisito grazie al fotogramma ricavato da un video relativo ad una rapina avvenuta nel novembre 1991, presso una banca di Cesena. La verità più dura da accettare fu scoprire che 5 dei 6 componenti della banda fossero dei poliziotti e che quindi il male si mascherasse indossando i panni del bene.
Per le 103 azioni criminali compiute (con 24 morti e 102 feriti) i fratelli Savi e Occhipinti sono stati condannati all’ergastolo, Gugliotta a 28 anni di carcere (poi ridotti a 18) e Vallicelli a 3 anni e 8 mesi di detenzione.
Il documentario segue il racconto in prima persona di Baglioni e Costanza (per quest’ultimo si tratta della più lunga intervista video mai rilasciata) e ci fa immergere in una fase di transizione del nostro Paese che, a cavallo degli anni ’80 e ’90, vide diventare la Romagna (e in particolar modo Rimini e Riccione) il centro del mondo della notte, delle discoteche, del turismo e del crimine.