Una tv tutta in streaming: allo studio di BBC e France TV una rivoluzione per stare al passo con i tempi

Stiamo assistendo ad un lento ma costante trasferimento dell’industria dell’audiovisivo verso il mondo dello streaming. Ad oggi, ogni colosso dei media possiede la propria piattaforma sulla quale rende disponibili le proprie esclusive, i propri original e che gli permette di rivolgersi direttamente al consumatore finale consentendogli di guardare contenuti quando, come e dove vuole, senza (o con limitata) pubblicità e con la libertà di scegliere ciò che più desidera senza sottostare ai rigidi orari di un palinsesto. Lo streaming è il futuro per il mercato dell’intrattenimento, è un dato di fatto. E per la tv?

Sicuramente il mass-media per eccellenza, nel suo stato attuale, è ancora in grado di attirare grandi numeri in termini di spettatori, ma per quanto ancora? L’avanzamento tecnologico e la sempre più crescente disponibilità e facilità di accesso ai contenuti on-demand delle piattaforme di streaming stanno ponendo gli editori convenzionali, in particolare quelli europei, di fronte a nuove sfide per il futuro.

C’è chi si è già mosso per intercettare la “nuova” tendenza, come ITV che lo scorso mese ha lanciato il nuovo ITVX (in sostituzione del vecchio ITV Hub) che, oltre alla regolare offerta di intrattenimento del primo editore commerciale britannico, consente anche di accedere ad un’ampia selezione di contenuti e canali lineari assenti dalle frequenze dell’etere.

Tuttavia, l’idea, se vogliamo, più avanguardista la sta studiando la BBC, tra i primi editori pubblici a dichiararsi pronta per una transizione totale verso lo streaming. Si, totale, con il conseguente stop entro 10 anni alle trasmissioni sul digitale terrestre e sul satellite.

Una chiara rivoluzione già parzialmente preannunciata la scorsa estate quando, in occasione della conferma della chiusura di BBC Four e CBeebies, il direttore generale Tim Davie aveva voluto sottolineare come le intenzioni sarebbero state quelle di raggiungere il pubblico britannico principalmente attraverso la piattaforma iPlayer.

Poi, il mese scorso la riconferma, ripresa dal The Guardian, ancora più radicale e netta, con l’invito ad immaginare una televisione “solo via internet, dove le emittenti tv e radio non esisteranno più e la scelta sarà infinita”. Niente digitale terrestre, niente canali lineari. La transizione verso lo streaming, secondo quanto dice Davie, “avverrà e dovrà avvenire” e gli editori non potranno farsi trovare impreparati.

Nessuna via di mezzo: solo ed esclusivamente internet. Addio anche ai marchi dei singoli canali come BBC One e Two. I contenuti saranno divisi per categoria sotto un unico grande brand, quello BBC (un po’ come accade su Netflix e Prime Video).

Ma le variabili in gioco sono tante e per affrontare un cambiamento così drastico è necessario che ci siano degli investimenti in tal senso. Davie sottolinea che “nessuno dovrà essere lasciato indietro”, né il pubblico, né gli editori. Si dovrà quindi colmare tutta una serie di gap come la copertura della rete internet veloce e le infrastrutture che garantiranno l’efficienza del servizio. Non si può rischiare l’inaccessibilità (DAZN docet), a maggior ragione se si tratta di “servizio pubblico”.

Tra i problemi si può aggiungere anche quello costituito dalla scarsa competenza tecnologica della parte anziana della popolazione. Molti potrebbero avere difficoltà a fruire dei contenuti, soprattutto se in possesso di vecchi dispositivi, evidenzia l’ex direttrice di BBC One Lorraine Heggessey che, intervistata dal The Guardian, sostiene anche che una programmazione lineare possa e debba esistere anche in streaming per dare quel senso di attesa e di “appuntamento a cui non poter mancare” allo spettatore che altrimenti andrebbe perso. Heggessey consiglia ai vertici BBC di far coesistere la trasmissione lineare sui canali convenzionali per tamponare la transizione ma anche al fine di usarli come vetrina per i prodotti BBC. “Le persone cercheranno qualità e avranno bisogno di una guida […] La BBC è una meraviglioso marchio e gli spettatori lo cercheranno”.

Perché la vera sfida di questa transizione, riassume Davie, sarà proprio quella di “passare al digitale senza perdere la maggior parte del pubblico e senza spendere milioni di sterline inutilmente”.

Il rischio di soccombere all’imponente ascesa delle piattaforme streaming ha toccato anche altri editori come la francese France Télévisions che, sulla scia di quanto in studio alla BBC, ha anch’essa iniziato ad esaminare scenari per una transizione “full-streaming” entro dieci anni.

La società ha già annunciato che entro quella data la maggior parte dell’attività del gruppo audiovisivo pubblico passerà al digitale e, secondo un’indiscrezione di Figaro riportata dal sito PureMedias, Delphine Ernotte, presidente di France Télévisions, ha espresso la sua convinzione circa la necessità di accelerare sulla transizione digitale della televisione pubblica.

“Entro 10 anni i media tv dovranno compiere scelte strategiche importanti sulle modalità di diffusione dei propri contenuti” ha affermato. “Entro il 2024, il nostro obiettivo è raddoppiare la copertura di france.tv. Raggiungeremo quindi più francesi attraverso la nostra piattaforma che attraverso le nostre antenne tradizionali.”

Un completo stravolgimento del modello attuale che però, sottolinea Ernotte, “esiste già in alcuni paesi del nord Europa”. Anche il raggruppamento è una carta che deve essere giocata per “aumentare il potere” del marchio e dell’editore.

Più scettica invece sulla completa abolizione della trasmissione lineare, la quale ritiene avrà un ruolo “ultra-dominante” anche in un futuro orientato allo streaming.

Gli studi e i tentativi di BBC e France Télévisions daranno una spinta anche ad altri editori in altre nazioni? Non lo si può sapere. Così come non possiamo sapere se quella sui tavoli dei piani alti delle tv pubbliche sia la soluzione vincente. “Ho imparato che il futuro riserva sempre sorprese” affermava Heggessey. Rimane certo che lo streaming rappresenterà sempre più una colonna portante per l’industria televisiva del futuro.

In Italia la situazione sembra essere pressoché statica. L’unica azienda ad avere una visione simile a quella di Tim Davie sembra essere Sky (forse proprio perché di anima britannica) che, con il lancio di Sky Q via Internet prima e Sky Glass poi, fosse anche per necessità di riduzione costi, ha aperto la strada ad una televisione fruita esclusivamente via streaming anche nel bel paese.

Pay-tv a parte, gli altri editori al momento non si sono ancora espressi sull’argomento. Che qualcosa si stia muovendo dietro le quinte anche da noi? Lo scopriremo, speriamo, presto.

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